I libri oggetto di Bruno Munari: libri illeggibili.

Nel 1949 Munari progetta per la prima volta una serie di “libri illeggibili”, opere che definitivamente rinunciano alla comunicazione testuale a favore della sola funzione estetica. 
Non semplicemente supporto per il testo, la carta comunica un messaggio attraverso il formato, il colore, i tagli e la loro alternanza. Si omettono gli elementi che costituiscono il libro tradizionale, come il colophon e il frontespizio, e la lettura diventa lo svolgersi cadenzato di una composizione musicale, con timbri sempre diversi nell’alternarsi delle pagine.

Nei libri di Munari ogni elemento si fa carico di contenuti semantici specifici che riguardano la carta, lo spessore, la trasparenza, il colore e il formato delle pagine. All'esperienza visiva della texture, con qualità di lucido o di opaco, si affianca l'esperienza tattile legata al senso della morbidezza o della durezza, oltre alle fustellature e le pieghe.
 



Libro illeggibile N.Y.1
«È un libro di comunicazione plurisensoriale, oltre che visiva. Fu così che nacquero i "libri illeggibili", così chiamati perchè non c'è niente da leggere ma molto da conoscere attraverso i sensi»




Libro illeggibile. Così si chiama questo volume che Munari ha realizzato nel 1967 per il Museum of Modern Art di New York, in occasione della mostra "Two graphic designers".
È un libro di cartoncino rosso, nero e grigio. Cartoncino bucato, con fori perfettamente rotondi che lasciano intravedere le pagine successive, che come porte ci conducono a un cuore di pagine traslucide che svelano piano piano il percorso di un luminoso filo rosso.



Questo filo attraversa lo spazio, per sparire infine nell'ultima pagina, giocando con le spirali-scarabocchio che Munari dissemina tra le pagine. È un libro senza storia, senza parole, ma racconta molto di noi stessi. I colori vengono percepiti da ognuno in modo unico. Non si tratta solo di vedere ma di sentire in un senso ampio. Con il tatto: carta ruvida che si alterna a carta liscia; con l'olfatto: il cartoncino, i fogli traslucidi, e il libro hanno odori distinti (e chissà dov'è stato conservato, questo volumetto così sorprendente, prima che approdasse fra i nostri libri); con l'udito: scorrendo fra le pagine, il filo non fa sempre lo stesso rumore, perché interagisce con carte diverse in modo diverso.



Questo non è il primo libro "illeggibile" di Munari, che lo crea quando ormai da anni ragiona sui menabò, cioè sui modelli "nudi" dei libri, che ancora non sono stati riempiti dalle parole e dalle immagini. Gli interessa la forma, non come concetto, bensì per come la possiamo sentire, e per come effettivamente la sentiamo.
Nel 1949 alla Libreria Salto di Milano espone i primi illeggibili. Alberto Mondadori, che scrive il testo di presentazione, ci regala questa bellissima riflessione:

«Forme, colori, spazi, accordi, ritmi, possono essere usati come linguaggio per esprimere delle sensazioni, degli stati d'animo, per "raccontare" qualcosa. (...) Colori allegri, colori tristi, drammatici, pesanti, vaporosi, forme lievi, fragili, decise o accennate, angolose o morbide, pagine sottilissime, pagine rigide, molli o dure, opache o trasparenti, intatte o strappate, possono diventare un linguaggio comune ad ogni essere umano.»

Fonti:

L’arte del semplificare


Per Munari saper semplificare è fondamentale ai fini della risoluzione dei problemi. Prendendo in esempio l’evoluzione del rasoio a mano, egli spiega meglio questo concetto.

“Nei primi anni dell’Ottocento il rasoio era formato da una lama molto tagliente e da un manico. Per radersi occorreva una certa abilità manuale: bisognava dare alla lama l’inclinazione giusta e la pressione necessaria. Ogni giorno la lama veniva riaffilata passandola sopra una striscia di cuoio che si teneva appesa al muro.


Una  mattina del 1895, il signor K. C. Gillette ebbe l’idea di progettare un nuovo tipo di rasoio “di sicurezza”. Il problema era quello di ridurre la pericolosità di questo vecchio strumento nonché di ridurne i costi e aumentarne la praticità. Mentre il signor Gillette si radeva, sentì che l’unica cosa importante dello strumento era l’affilatura della lama, capì che non era necessario avere tanto metallo in mano quando ciò che serviva veramente era il taglio della lama. Così progettò il primo rasoio, che aveva un manico in legno tornito nel quale era fissato un supporto per la lama, munito di una serie di denti che avevano la funzione di appoggiarsi sulla pelle e proteggerla da eventuali tagli. La lama era ridotta a una striscia (mentre prime era grande quanto la lama di un coltello) e aveva due fessure alle estremità per fissarla al supporto con una vite, avvitata nel manico. Le lamette quindi erano intercambiabili, non era necessario affilarle ogni volta, ogni lametta era confezionata in una bustina sulla quale appariva il ritratto del signor Gillette.



Da quel momento in poi seguirono una serie di innovazioni che anziché complicare il prodotto lo semplificavano a tal punto da poter essere usa e getta, ma ne miglioravano in modo direttamente proporzionale l’efficacia.

Questo processo di redesign, che inizia con l’antico rasoio a mano, difficile da manovrare e pericoloso, analizzando il rasoio nelle sue componenti, migliora quelle necessarie e abbandona quelle superflue. E’ inutile infatti che la lama sia grande quanto un coltello quando ciò che taglia è solo l’affilatura e quindi la lama può essere grande quanto basta per portare l’affilatura. E’ inutile che sia grandissima come era nel vecchio rasoio perché non esiste una porzione di pelle del viso che sia interessata da tutta la lama, e quindi la lametta con la sua dimensione ridotta è più giusta.”



Morale: Progettare è quando si semplifica, e non quando si complica.


Bibliografia: Da cosa nasce cosa, Munari Bruno

I Prelibri: la semplicità al servizio dell’immaginazione.


Proprio così. Magari a primo impatto non dicono nulla, ma osservandoli con l’occhio di un bambino possiamo notare come questi stuzzicano la nostra fantasia. E’ incredibile come Munari da elementi semplici dalle forme elementari, riesca a stimolare l’immaginazione. Elementi che a prima vista possono sembrare tanto ovvi quanto scontati per la loro semplicità, concezione nata dal fatto che gli adulti amano complicare le cose semplici, “addobbandole” con elementi superflui. Munari in questo ammonisce: complicare è facile. Infatti quello che noi reputiamo importante è esclusivamente il prodotto finale, l’estetica, l’apparenza. E ci sentiamo appagati solo se il nostro prodotto acquista consensi, entusiasti dell’ottimo risultato e scontenti dagli scarsi meriti. Per noi adulti esiste il bello, il brutto, e per i più buonisti, una via di mezzo. I bambini invece sono elettrizzati dall’idea del disegnare, dal procedimento stesso, perché questo stimola la loro inventiva, sono appagati dalla varietà di colori a loro disposizione, dai numeri di fogli da disegnare, dai diversi strumenti che possono utilizzare per creare quelli che noi chiamiamo “scarabocchi”. Scarabocchi perché ai nostri occhi sono semplici, non “addobbati” sufficientemente. Dunque, come può mutare in noi questo atteggiamento? Come può un bambino “omologarsi” in adulto?

Munari nel suo libro “Da cosa nasce cosa” scrive:

“Tutti sanno che i bambini amano farsi ripetere la stessa storia tante volte, e ogni volta il bambino se la fissa bene nella memoria, finchè da adulto, decorerà la sua villa in campagna con i sette nani e biancaneve di cemento colorato. Così si distrugge nel bambino la possibilità di avere un pensiero elastico, pronto a modificarsi secondo l’esperienza e la conoscenza. Bisogna, fin che si è in tempo, abituare l’individuo a pensare, a immaginare, a fantasticare, a essere creativo.”

Adesso ho riportato una rassegna che descrive molto bene quello che Munari intende per Prelibri.

I PRELIBRI, un volume di culto ormai, sono stati pubblicati per la prima volta da Danese nel 1980. Sono una serie di 12 piccoli libri (10 x 10 cm) dedicati ai bambini che non hanno ancora imparato a leggere e scrivere, disegnati per adattarsi alle loro mani e assemblati usando diversi tipi di materiali, colori e rilegature. 
Offrono una varietà di stimoli, sensazioni e emozioni, che nascono dall'accostamento di percezioni e immagini: "dovrebbero dare la sensazione che i libri siano effettivamente fatti in questo modo, e che contengano sorprese. La cultura deriva in effetti dalle sorprese, ossia cose prima sconosciute" (Bruno Munari).

Nell’anno in cui ricorre il centenario della nascita di Bruno Munari, Officina Creativa offre il suo piccolo tributo personale all’opera del maestro, premiando con i suoi Prelibri il vincitore del primo concorso pubblico della nostra community.

Munari ha stabilito una via alternativa alla formazione dei bambini ed al pari del collega Enzo Mari, ha posto le linee guida di un metodo progettuale efficace tuttora, facendo della semplicità che desta stupore il suo cavallo di battaglia. Ancora dopo cento anni, il lavoro di Munari continua infatti ad essere inesauribile fonte di ispirazione per i designer di oggi, e la sua incredibile produzione di libri-gioco uno strumento insostituibile per l’apprendimento dei più piccoli. Il suo genio continua oggi a dare vita ad manifestazioni ed iniziative che si ispirano al suo lavoro, come la mostra 
“Nel Segno di Munari” ad opera dell’illustratrice e docente Arianna Papini, che si svolge ogni anno a Firenze e dedicata alla presentazione di prototipi di libri-gioco realizzati dagli studenti della facoltà di Disegno Industriale dell’ateneo fiorentino.


A – Che cos’è un libro?
B – Un oggetto fatto da tanti fogli, tenuti assieme da una rilegatura.
A – Ma cosa c’è dentro?
B – Di solito ci sono delle parole che, se fossero messe tutte in fila su una riga sola, questa riga sarebbe lunga chilometri e per leggerla bisognerebbe camminare molto.
A – Ma che cosa si legge in quelle parole?
B – Si leggono tante storie diverse, storie di gente di oggi o dei tempi antichi, esperienze scientifiche, leggende, pensieri filosofici o politici molto difficili, poesia, bilanci economici, informazioni tecniche, storie di fantascienza…
A – Anche favole?
B – Certamente anche favole, storie antiche, nonsense, limerick.
A – Con tante figure?
B – Certe volte con moltissime illustrazioni e poche parole.


A – Ma a cosa serve un libro?
B – A comunicare il sapere, o il piacere, comunque ad aumentare la conoscenza del mondo.
A – Quindi se ho ben capito serve a vivere meglio.
B – Spesso sì.
A – Ma la gente li usa questi libri?
B – Alcuni ne leggono molti, altri li usano per decorazione, c’è gente che ha in casa un solo libro: l’elenco dei telefoni.
A – Allora sarebbe utile che anche i bambini di tre anni cominciassero a familiarizzarsi con il libro come oggetto, a conoscerlo come strumento di cultura o gioco poetico, ad assimilare quella conoscenza che facilita l’esistenza.
B – La conoscenza è sempre una sorpresa, se uno vede quello che sa già, non c’è sorpresa. Bisognerebbe fare dei piccoli libri tutti diversi tra loro ma tutti libri, ognuno con dentro una sorpresa diversa, adatta a bambini che non sanno ancora leggere.
A – Posso averne uno anch’io?
B – Ne avrai una intera biblioteca, piccoli libri di tanti materiali diversi, di tante materie diverse: un libro di ottica, un libro di avventure tattili, un libro di geometria dinamica, uno di ginnastica, uno storico culturale, uno di filosofia, un romanzo d’amore, un libro pieno di tutti i colori, un libro trasparente, un libro morbido, un libro di fantascienza…
A – Ma come si chiamano questi libri?
B – I PRELIBRI.
A – Li voglio subito.
Bruno Munari, Febbraio 1980
Dodici piccoli libri di carta, di cartoncino, di cartone, di legno, di panno, di panno spugna, di friselina, di plastica trasparente; ognuno rilegato in maniera diversa.
Dal retro di copertina dei Prelibri, la migliore descrizione che possa essere data di questo incredibile strumento-libro-gioco. Ogni libro una sorpresa, un colore, una forma, un materiale, ma soprattutto, neanche una parola. Poesia per gli occhi e per le dita.
Creati da Bruno Munari ed editi per la prima volta nel 1980, i Prelibri sono dodici libretti, raccolti all’interno di un contenitore-scrigno, realizzati interamente a mano e perciò unici pur nella loro serialità. Ognuno è realizzato utilizzando un materiale diverso e hanno legature diverse, alcuni presentano fustelle, altri applicazioni di elementi curiosi, altri ancora sono solo forme e colori. Ogni libro è double-face, ed estraendolo dalla sua taschina nello scrigno non si sa mai cosa ci si possa trovare dentro. I Prelibri sono un oggetto prezioso, come se ne trovano sempre più raramente, progettato come stimolo per la curiosità e la manualità dei bambini, ma anche di noi adulti che non vogliamo smettere di stupirci.

Il Libro 1 è un libro di cartone pesante, rilegato con dello spago. Aprendolo ho scoperto un filo rosso di lana che lo attraversa tutto. Attraverso piccoli fori il filo corre da una pagina all’altra, su e giù, per poi tornare all’inizio.
Nel secondo libro c’è un signore che fa ginnastica. Parte stando in piedi, si slancia di lato e fa una capriola, per poi ritrovarsi a testa in giù appoggiato sulle mani. Questo libro è divertente perché se lo sfogli al contrario c’è lo stesso signore che invece fa una buffa caduta.
Il terzo libro è la storia di una bolla. Una piccola bolla azzurra che diventa sempre più grande fino ad ingoiare tutta la pagina. Quando tutto è diventato azzurro, nasce una nuova piccola bolla bianca che diventa sempre più grande fino ad ingoiare tutto di nuovo e poi si ricomincia da capo.
Il Libro 4 è colorato. Le pagine sono cartonicini di diverso spessore e colore. Una mi fa pensare al mare, una al cocomero, una alla terra del mio giardino.
Il Libro 5 è verde. Dentro ci sono delle formiche che si muovono e si affaccendano dietro ai loro lavori. Per fortuna ci sono anche dei buchi, così posso vedere le formiche che si muovono da una stanza allaltra del formicaio.
Nel sesto libro ci sono delle forme colorate, gialle, blu e rosse. Tra una forma e l’altra c’è una pagina di plastica trasparente, colorata anche lei. Così se giro la pagina da una forma all’altra posso vedere i colori cambiare, che si combinano come quando mischio le tempere.
Il settimo libro sembra fatto di spugna, come quelle che la mamma usa in cucina. È morbido e le pagine sono spesse, così se ci sono ritagliate delle figure all’interno è una bella sensazione metterci le dita dentro.
Il Libro 8 è ancora più morbido. È fatto di una stoffa color rosa acceso e all’interno ho scoperto un bottone e un’asola, così posso abbottonare le pagine tra di loro come faccio con il mio maglione.
Il nono libro è fatto di tre tavolette di legno, legate con dello spago. Su ognuna ci sono delle scanalature che corrono in direzioni diverse. Il legno è liscio e profumato.
Il Libro 10 ha delle pagine di plastica rigida, è dentro è tutto grigio di nebbia. Si vede e non si vede, ma guardando bene ho trovato un gatto che dà la caccia ad un topino.
L’undicesimo libro è fatto di plastica morbida e trasparente. Su ogni pagina c’è un solo pallino giallo, ma guardandolo da fuori puoi vedere che tutti i pallini gialli si dispongono in un cerchio, come a formare le ore di un orologio.
L’ultimo libro è un libro strano. È fatto di stoffa e cartoncino e dento ci sono il giorno e la notte e dei buchi per vedere attraverso. Girando le pagine a volte la notte ingoia il giorno, a volte il giorno vince sul buio. E nel buio della notte, nel centro del libro, ho scoperto un ciuffo di pelo morbido. Che sia la coda di un gatto?
Dunque quale il libro di ottica, quale quello di filosofia, di storia naturale? A voi scoprirlo e alla vostra immaginazione. Intanto, fino a quando non potrete sfogliare questi piccoli tesori con le vostre dita, potete andare a curiosare tra le altre fotografie nella nostra galleria su Flickr.

di Elena Lombardi da Link di riferimento

1962 - 2012. La "comoda" realizzazione.




Sono trascorsi 40 anni per la serie Up di Gaetano Pesce.
La famosa, storicastupenda famiglia di sedute antropomorfe SERIE UP che GAETANO PESCE nel 1969, di cui la UP5_6 sono universalmente note, compie 40 anni.
Le collezione di sedute prodotte da B&B ITALIA, sono nate da un percorso partito già l’anno precedente tra l’azienda eGAETANO PESCE con la poltrona YETI, dalla forma monolitica e VELA, espressione della costante ricerca dell’artista per l’innovazione formale.
Rimesse in produzione da B&B ITALIA nel 2000, con accorgimenti e materiali che ne hanno migliorato le prestazioni, oggi i pezzi della SERIE UP sono tra i prodotti più rappresentativi del lungo percorso dell’azienda in termini di innovazione.
Realizzata in poliuretano espanso rivestito in tessuto elasticizzato, all’origine le sedute venivano confezionate sottovuoto, con volume ridotto del 90%: l’effetto una volta a contatto con l’aria era sorprendentespettacolare ed espressivo del binomio forma e tecnica che contraddistingueva il prodotto.
Oggi il confezionamento sottovuoto ha lasciato spazio ad una ulteriore ricerca sui materiali, privilegiando la durata nel tempo.
Oggetto Pop, celebrata nelle collezioni di design, esposta nei musei internazionali, presente nel nuovo allestimento curato da ANTONIO CITTERIO del MUSEO DEL DESIGN alla TRIENNALE, che per l’occasione è stata presentata in serie limitata con un nuovo rivestimento argentato.
40 anni portati splendidamente per un prodotto che esprime ancor oggi tutta la sfrontata energia degli anni ‘60, l’interesse per le nuove tecnologie, la riflessione del progettista sulla condizione femminile che con la poltrona UP 5_6, ha voluto rappresentare il personale concetto sulla donna, che suo malgrado è vista prigioniera di se stessa, tanto che GAETANO PESCE ha voluto proporre questa poltrona dalle forme femminili completa di pouf rotondo, che rappresenta la palla al piede, costituendo così l’immagine tradizionale del prigioniero.
Buon compleanno alla SERIE UP ed i nostri complimenti a GAETANO PESCE per i coinvolgenti e duraturi progetti che ancor oggi realizza.













Opere d'arte o vandalismo?

Non ci sono modi per descrivere la sostanziale differenza. Keith Haring, fondatore dell'arte di strada risolve, bene il quesito. 













Così molto spesso grazie al suo innovativo contributo, anche le periferie più degradate si possono trasformare in mete di turismo d'arte, o meglio, della pop art. E pensare che in Italia   "imbrattare" i muri è considerato reato, tant'è che si rischiano pure dai 3 ai 6 mesi di galera....Guardando le seguenti immagini sembra più una bigotta concezione morale....






.....o forse no.

Bruno Munari insegna......

"Quando qualcuno dice: questo lo so fare anch'io, vuol dire che lo sa rifare, altrimenti lo avrebbe già fatto prima..."